Quantcast
Channel: inciampando sulle acque
Viewing all articles
Browse latest Browse all 13

Il femminismo di “We Saw Your Boobs”

0
0

Questo articolo doveva essere pronto giorni e giorni fa, ma per noia e per pigrizia è rimasto tra le bozze.

* * *

Durante la cerimonia degli Oscar, Seth MacFarlane si è cimentato in uno stacchetto in perfetto stile Hollywood anni ’50, quella perfettina e ridanciana. Il titolo della canzone era “We Saw Your Boobs”, ossia “abbiamo visto le vostre tette”. (guardatelo prima che YouTube lo rimuova.)

Il testo è piuttosto semplice, perlopiù: nome attrice abbiamo visto le tue tette in titolo film. A quanto pare Kate Winslet è stata ripresa nuda più spesso di quanto pensassi, mentre di Naomi Watts davvero non lo sapevo o avevo notato. La lista è lunga, e in regia sono stati sufficientemente previdenti da inquadrare le espressioni delle attrici tirate in ballo; si è passato dallo stupore di Naomi Watts alla (presunta) scocciatura di Charlize Theron. L’unica che ha esultato è stata Jennifer Lawrence in quanto ancora non abbiamo visto le sue tette.

C’è un brutto meccanismo in atto: lo spettatore prova ciò che è chiamato Schadenfreude (che Wikipedia traduce in italiano con “aticofilia”), ossia il piacere provocato dalle disgrazie altrui. È brutto, è subdolo, ma c’è e non lo si può ignorare; quando l’espressione di Naomi Watts muta dal divertito al terrorizzato, noi sorridiamo. Forse sorridiamo anche per l’omaccione alla sua destra che sceglie quel preciso momento per sbirciare la scollatura dell’attrice, ma ciò è secondario. Un po’ come nei filmati di Paperissima, ridiamo tanto per il bambino che si ribalta quanto per il cretino che impenna e si schianta. Quando la disgrazia altrui è troppo grave, questo meccanismo si inceppa e proviamo (se tutto va bene) compassione. L’assicella è variabile, e se per qualcuno l’umiliazione di essere nominati in questa canzone è una disgrazia sufficientemente grave, per la maggior parte non lo è. L’efficacia dello stacchetto si basa essenzialmente sulla Schadenfreude.

Quale sensazione hanno provato le attrici tirate in causa? Un’umiliazione che per i più è equiparabile a quando il professore vi dava (in maniera più o meno evidente) della capra durante un’interrogazione. Da un lato ci siete voi, e dall’altro i vostri compagni, che fino a un attimo prima erano vostri pari. Se ricordate qualcosa del liceo, capite perché deve essere stato tutt’altro che piacevole. E a questa spiacevolezza si sono aggrappati molti: è stato sessista! (perché si parla di tette), discriminatorio! (perché si tirano in ballo solo le donne), di cattivo gusto! (perché si è detto “tette”). Forse, ma è stato anche molto femminista.

È il vecchissimo postulato dello struzzo: se fingo che il problema non ci sia, allora non esiste. Ma già il nome vi dovrebbe dare l’idea di quanto è stupida questa posizione. Seth MacFarlane ha preso lo struzzo per il collo e l’ha puntato su Hollywood, luogo nel quale i produttori sanno bene quanto le tette di un’attrice possono contribuire al successo economico di un film, e sul culto per le celebrità. Internet ci dà l’illusione di essere più vicini e in confidenza con le celebrità di quanto non siamo, e la ricerca dello scoop di bassa lega (quello dei quali un tempo solo i giornali scandalistici si fregiavano), ha alimentato la mania per le foto private rubate in maniera lecita o meno (“Scarlett Johansson we saw them on our phones”).

Non credo che Seth MacFarlane volesse fare una canzone di denuncia, e non credo neppure che lo sia in tutto e per tutto, ma bisogna riconoscerle il merito di aver sottolineato la follia del nudo hollywoodiano, sia al cinema sia sui giornali.



Viewing all articles
Browse latest Browse all 13

Latest Images

Trending Articles





Latest Images